lunedì 1 agosto 2011
A proposito "della necessità di nominare un Assessore ai bagni pubblici", (come qualcuno ha ironicamente commentato) leggete che succedeva a Pitigliano sul finire del 1800,
Il racconto fa riferimento a un personaggio realmente esistito e reale è quanto accadde.
Quello che pubblichiamo è una sintesi, per ragioni di spazio abbiamo eliminato alcune parti.
"Giovanni, un uomo segaligno di media statura, era, fra i tre vigili, il più ligio ai doveri propri di un tutore dell’ordine. Criticava aspramente i suoi colleghi, che spesso chiudevano un occhio, a volte tutti e due, per un fiasco di vino o per una domenicalesbaldoriata nella cantina del contravventore…graziato . Lui, no, non si lasciava corrompere.
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Lui, di fronte ad una trasgressione, anche se minima, non portava rispetto per nessuno. Con solennità, lo vedevi estrarre dalla tasca la matita copiativa e il famigerato blocchetto e, parenti od amici che fossero, chiedeva, anche se le erano note, le loro generalità e stilava la causale della contravvenzione…sagrosanta, diceva lui.
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In quell’epoca nel paese non esistevano latrine pubbliche . Pochissime erano le famiglie facoltose che abitavano in case munite del locu comudu (gabinetto). Molto poche erano le abitazioni fornite di condotto di terracotta posto fuori di una finestra ( il buttu). I poveracci, la stragrande maggioranza , obbligati da un’ordinanza municipale, dovevano gettare ogni tipo di rifiuto da un solo luogo: il Finestrone . Troppo spesso tale obbligo veniva trasgredito. Rimaneva più comodo e sbrigativo rovesciare il contenuto dei maleodoranti rifiuti dalle finestre poste sopra le ripe. Ciò avveniva quasi sempre di notte e naturalmente con la dovuta circospezione. Sarebbero stati guai farsi sorprendere dallo zelo incorruttibile del solerte Giovanni, maniaco ossequiente alle norme della pulizia. Chi da lui era sorpreso a contravvenire le regole ne pagava le giuste conseguenze.
La sua proverbiale solerzia lo faceva appostare, specialmente nel tardo pomeriggio delle domeniche nei pressi delle osterie. Con pazienza, attendeva che uscissero i cosiddetti bevisti, costretti ad appartarsi per soddisfare il loro bisognino.
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Fatto il loro comodo era nelle loro intenzioni di rientrare nella bettola. Ahi loro, però…quasi sempre si trovavano faccia a faccia con il terribile omino già munito di matita e blocchetto pronto a stilare la ennesima sacrosanta multa… Pensava con soddisfazione: ”Sì, la domenica, per merito delle mie contravvenzioni, è altamente redditizia per le casse del comune” Per questa sua singolare solerzia nel multare i volgari sudicioni della domenica, i maligni lo nobilitarono del titolo di guardia de i’ pisciu!…
Un giorno però al povero Giovanni, capitò ciò che non si sarebbe mai aspettato! Mentre rincasava, sua moglie Italia, sì, proprio sua moglie… proprio lei… la moglie del vigile irreprensibile, la colse mentre versava il contenuto del suo secchio da camera sull’acciottolato del vicolo. Era un liquido dello stesso colore dell’urina. Che guaio…che disastro… L’incorruttibile non ci stette a pensare due volte. Con rabbia estrasse, come al solito, il logoro blocchetto e la matita copiativa, ne umettò la punta.
- Alt!…” gridò, poi con la consueta tracotante solennità incominciò a recitare la formula del regolamento:
- Declinate il vostro cognome, nome, luogo e data di nascita!”
La donna, avendolo di spalle, non lo aveva visto, ma aveva riconosciuto la sua voce squillante e autoritaria. Sussultò, si volse di scatto, le cadde il secchio di mano. Non era stupida però e, pur non avendo compreso il significato di quel declinate, capì che il suo Giovanni aveva l’intenzione di multarla. Con voce ironica gli domandò:
-Caru i’ mi’ bellu!.. spieghiti meglio, che cavulu vòi da mie?-
Il povero Giovanni, suo malgrado, conoscendo il carattere viperino della moglie, a malincuore, capì che gli conveniva mutare atteggiamento e con voce persuasiva e dimessa , questa volta dandole confidenzialmente del tu, le chiese:
-Per favore, Italia, ti prego: dammi il tuo cognome, il tuo nome…-
Il poveraccio non riuscì a terminare la frase di rito.
- Gran Dio!- sbottò la donna fingendosi allarmata- Questu m’adè doventu mattu tuttu ‘n coibbu.
Tésta sì c’adè bbona! Giuvà, scherzarai!… So’ più di quarant’anni che dormimo ‘nsieme e mi venghi a dimannà come mi chiamo!… Caru i’ mi’bellu , mi sa che t’adè piovutu nde i ciarvellu!…-
Poi, portandosi le mani al capo, rivolta ad vicina affacciata alla finestra, continuò con tono derisorio:
-L’adai ‘ntesu Rosì? Questu non ‘s’arricorda più mamancu come mi chiamo. Adè propiu veru i proverbiu: ‘nvecchianno ‘ mpazzenno. Poretta a mie! Mi sa che i’ mi’ Giuanni tuttu ‘nsieme adè datu jò co’ la memoria e ‘ncomincia a dà’ nde i’ gogliu! Un be’ godìu mi prepara la vecchiaia! Dio me la manni bbona!-
Sempre ironizzando, domandò al marito :
-Pecchè vorressitu sapè i’ mi’ nome e i’ mi’cognome?…Po’ essa che no’ mi riconosci piùne?… …-
Giovanni impacciato, soggiunse con tono persuasivo:
-Vedi cara Italia, tu lo sai che io sono pagato perché faccia il mio dovere senza avere riguardo per nessuno... Tu, che cosa hai fatto?…Hai infettato di liquido uricemico le pianche del vicolo, perciò io, anche se sono il tuo consorte, debbo intitolarti una contravvenzione.
La moglie, paonazza in viso, lo aggredì agitando le mani:
-A mie ‘na contravenzione!…Fatti capì, grullu!…Ch’ avarebbi ‘nfettatu io?…
Confuso e intimorito Giovanni diede la sua spiegazione:
-Sì, hai gettato sul piancito del vicolo un secchio di…urina, sì di… pisciu, come tu la chiami!…-
Italia con uno scatto raccolse il secchio e lo pose con violenza sotto il naso del marito e gridò:
-Tiè, annusulu, ‘mbecille, ti pare che puzzi di pisciu?…Vòi sapè ch’adò buttu nde le pianche de i’ rioncellu? Adè i’ rannu da la bucata ch’adò fattu stamane pe’ lavà le tu’ brache merdose!… e ora, su, fammi contravenzione!…-Lo sfidò…
La risata finale delle donne del vicolo che, curiose, le maligne, durante il duetto si erano affacciate alle finestre,mortificò la dignità della guardia integerrima. Povero Giovanni, che figura!…Addio la sua dignità… Avrebbe preferito essere sepolto sotto due metri di terra!…Chissà poi quali ironici commenti e quante risate si sarebbero fatte i paesani, appreso il fatto?…
Italia conosceva la pignoleria del suo uomo, ma in fondo gli voleva un gran bene, lo vide umiliato e, prendendolo sotto braccio gli disse con tenerezza quasi materna:
-Annamo Giuvà…annamo a magnà, sciavoratu… i’ pranzu adè prontu!…- "
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