mercoledì 4 maggio 2011
Il vecchio fanciullo - Una storia di disagio sociale
C’era una volta un uomo che aveva 34 anni ma ne dimostrava fisicamente 55 e mentalmente 10. Non si sa come fosse giunto a quelle età così diverse tra di loro: forse era stato sfortunato alla nascita, forse era diventato così perché così, a volte, va la vita. Ma adesso così era: un fanciullino in un corpo tristemente invecchiato. Non aveva più i genitori che potevano prendersi cura di lui; non aveva mai conosciuto i nonni e c’era un fratello sì, ma questo faticava a prendersi cura di se stesso, non poteva certo prendersi cura anche di quel vecchio bambino.
Le vicissitudini della sua vita lo avevano portato a vivere in un vecchio edificio abbandonato sul fiume; qui lui dormiva, si lavava (quel poco che pensava fosse necessario lavarsi), mangiava quello che riusciva a rimediare in giro e passava il suo tempo a intagliare legno. Si ricordava vagamente di un uomo (il padre, qualcuno gli aveva raccontato che quello era suo padre) che, da piccolo, lo prendeva sulle ginocchia e gli faceva vedere che i coltelli non sono pericolosi per chi li sa tenere in mano; e che si possono usare anche per fare delle belle cose, non solo per tagliare la carne. Lui, col coltello, limava e intagliava dei pezzi di legno che rubava al fuoco dell’inverno; e il piccolo aveva piano piano appreso a lavorare il legno come quell’uomo che era stato abituato a chiamare padre.
Tizio, così chiameremo quel signore un po’ strano, tutto sommato stava d’incanto; la gente del paese lo conosceva perfettamente, non aveva paura di lui anche se non era bello, pulito e ben rasato, gli voleva bene e, ogni tanto, gli procurava qualche piccolo lavoretto grazie al quale Tizio riusciva a guadagnare quel poco che gli era necessario.
A Tizio piaceva lavorare per gli altri, dare una mano: gli piaceva perchè gli piacevano i loro sorrisi che lo scaldavano più di qualsiasi camino acceso e gli piaceva perché solo faticando un poco riusciva ad andare a dormire sereno, “che mica si può andare a letto se non si è sudato almeno un pochino!” amava dire. E poi, quel vecchio fanciullo era proprio contento di vivere da solo, in un posto abbastanza grande da permettergli di conservare tutto quello che intagliava quando stava da solo (e ci stava proprio tanto, da solo).
Ogni tanto qualche ragazzino andava a trovarlo, per godere dello spettacolo di quel legno che diventava vivo nelle mani di Tizio; purtroppo le sue ridotte capacità comunicative non gli permettevano di insegnare loro niente di quel suo straordinario talento, ma lui sperava che,siccome quei ragazzini erano molto più intelligenti di lui, avrebbero appreso quell’arte semplicemente osservandolo.
Ci fu un Novembre particolare quell’anno: non smise di piovere mai, neanche per un giorno. E il fiume ingrossò e, una notte, entrò nella casa che era diventata di Tizio e gli portò via metà degli animali che aveva intagliato. Per poco, tutta quell’acqua non si portò via anche Tizio! Allora arrivò una donna che disse di chiamarsi Assistente Sociale, accompagnata dai carabinieri, che gli disse che non poteva più stare lì, perché quell’edificio era del Comune e che non era più sicuro e che loro (loro chi? Pensava Tizio) gli avevano trovato una soluzione migliore e “più adatta alle sue esigenze”.
Lo portarono in una casa-famiglia lontana dal suo paese.C’erano tante persone lì dentro, tutte buone; c’era chi gli diceva quando lavarsi, cosa indossare, che era l’ora di mangiare. C’erano anche persone un po’ particolari, come lui, e qualcuno anche più particolare di lui. Tizio capiva che, in realtà, quella era una situazione migliore di quanto potesse mai sperare. Ma lì… non aveva il suo spazio, non aveva il suo legno, non aveva le sue creazioni, non vedeva la sua gente, quella che per tanti anni gli aveva sorriso e voluto bene e fatto sudare quel pochino che gli serviva per andare a letto sereno! Inoltre, quella situazione era “riabilitativa” e a lui non serviva una riabilitazione: non era un “disabile”, infatti non aveva diritto a nessuna pensione d’invalidità civile e quindi non doveva essere “riabilitato” o “abilitato” a fare qualcosa. Aveva solo bisogno della società, della sua società. E la sua società era il suo paese e la sua gente.
Passarono i giorni e la nostalgia si fece così forte che Tizio scappò dalla casa-famiglia e decise di tornare al suo paese. L’Assistente Sociale lo ascoltò bene, stavolta: capì che allontanarlo da casa sua, per quanto fosse stata un’idea piena di buone intenzioni, non era stata un’idea buona per le esigenze e la vita di Tizio. Bisognava trovare un’altra soluzione…….
Secondo voi quale può essere la soluzione alla storia di Tizio, vecchio fanciullo semplice e talentuoso?
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