venerdì 7 ottobre 2011


mercoledì 4 maggio 2011

Il vecchio fanciullo - Una storia di disagio sociale

C’era una volta un uomo che aveva 34 anni ma ne dimostrava fisicamente 55 e mentalmente 10. Non si sa come fosse giunto a quelle età così diverse tra di loro: forse era stato sfortunato alla nascita, forse era diventato così perché così, a volte, va la vita. Ma adesso così era: un fanciullino in un corpo tristemente invecchiato. Non aveva più i genitori che potevano prendersi cura di lui; non aveva mai conosciuto i nonni e c’era un fratello sì, ma questo faticava a prendersi cura di se stesso, non poteva certo prendersi cura anche di quel vecchio bambino.

Le vicissitudini della sua vita lo avevano portato a vivere in un vecchio edificio abbandonato sul fiume; qui lui dormiva, si lavava (quel poco che pensava fosse necessario lavarsi), mangiava quello che riusciva a rimediare in giro e passava il suo tempo a intagliare legno. Si ricordava vagamente di un uomo (il padre, qualcuno gli aveva raccontato che quello era suo padre) che, da piccolo, lo prendeva sulle ginocchia e gli faceva vedere che i coltelli non sono pericolosi per chi li sa tenere in mano; e che si possono usare anche per fare delle belle cose, non solo per tagliare la carne. Lui, col coltello, limava e intagliava dei pezzi di legno che rubava al fuoco dell’inverno; e il piccolo aveva piano piano appreso a lavorare il legno come quell’uomo che era stato abituato a chiamare padre.

Tizio, così chiameremo quel signore un po’ strano, tutto sommato stava d’incanto; la gente del paese lo conosceva perfettamente, non aveva paura di lui anche se non era bello, pulito e ben rasato, gli voleva bene e, ogni tanto, gli procurava qualche piccolo lavoretto grazie al quale Tizio riusciva a guadagnare quel poco che gli era necessario.

A Tizio piaceva lavorare per gli altri, dare una mano: gli piaceva perchè gli piacevano i loro sorrisi che lo scaldavano più di qualsiasi camino acceso e gli piaceva perché solo faticando un poco riusciva ad andare a dormire sereno, “che mica si può andare a letto se non si è sudato almeno un pochino!” amava dire. E poi, quel vecchio fanciullo era proprio contento di vivere da solo, in un posto abbastanza grande da permettergli di conservare tutto quello che intagliava quando stava da solo (e ci stava proprio tanto, da solo). 

Ogni tanto qualche ragazzino andava a trovarlo, per godere dello spettacolo di quel legno che diventava vivo nelle mani di Tizio; purtroppo le sue ridotte capacità comunicative non gli permettevano di insegnare loro niente di quel suo straordinario talento, ma lui sperava che,siccome quei ragazzini erano molto più intelligenti di lui, avrebbero appreso quell’arte semplicemente osservandolo.

Ci fu un Novembre particolare quell’anno: non smise di piovere mai, neanche per un giorno. E il fiume ingrossò e, una notte, entrò nella casa che era diventata di Tizio e gli portò via metà degli animali che aveva intagliato. Per poco, tutta quell’acqua non si portò via anche Tizio! Allora arrivò una donna che disse di chiamarsi Assistente Sociale, accompagnata dai carabinieri, che gli disse che non poteva più stare lì, perché quell’edificio era del Comune e che non era più sicuro e che loro (loro chi? Pensava Tizio) gli avevano trovato una soluzione migliore e “più adatta alle sue esigenze”.

 Lo portarono in una casa-famiglia lontana dal suo paese.C’erano tante persone lì dentro, tutte buone; c’era chi gli diceva quando lavarsi, cosa indossare, che era l’ora di mangiare. C’erano anche persone un po’ particolari, come lui, e qualcuno anche più particolare di lui. Tizio capiva che, in realtà, quella era una situazione migliore di quanto potesse mai sperare. Ma lì… non aveva il suo spazio, non aveva il suo legno, non aveva le sue creazioni, non vedeva la sua gente, quella che per tanti anni gli aveva sorriso e voluto bene e fatto sudare quel pochino che gli serviva per andare a letto sereno! Inoltre, quella situazione era “riabilitativa” e a lui non serviva una riabilitazione: non era un “disabile”, infatti non aveva diritto a nessuna pensione d’invalidità civile e quindi non doveva essere “riabilitato” o “abilitato” a fare qualcosa. Aveva solo bisogno della società, della sua società. E la sua società era il suo paese e la sua gente.

Passarono i giorni e la nostalgia si fece così forte che Tizio scappò dalla casa-famiglia e decise di tornare al suo paese. L’Assistente Sociale lo ascoltò bene, stavolta: capì che allontanarlo da casa sua, per quanto fosse stata un’idea piena di buone intenzioni, non era stata un’idea buona per le esigenze e la vita di Tizio. Bisognava trovare un’altra soluzione…….

Secondo voi quale può essere la soluzione alla storia di Tizio, vecchio fanciullo semplice e talentuoso? 

19 commenti:


Francesca ha detto...
Quale può essere la soluzione? Bella domanda, posso dirvi come mi piacerebbe che andasse a finire. Mi piacerebbe che le persone che lui conosceva e che gli regalavano un sorriso, si sentissero coinvolti dalla sua vicenda, che pensassero a Tizio come ad un membro della comunità e si prendessero cura di lui, mi piacerebbe che la gente, o almeno alcuni potessero dare le garanzie all'assistente sociale e alle istituzioni che lavorano nel sociale, che su Tizio ci sarebbe stata l'attenzione e il sostegno di molti, vorrei che gli fosse trovato un luogo più sicuro per vivere, per vivere esattamente come vuole lui, e che continuasse a vivere felice, del suo lavoro, dei sorrisi della sua gente e degli sguardi dei bambini che lo guardavano lavorare.
Silvia C. ha detto...
Nel mio lavoro (quando faccio la psicologa), ne ho incontrate tante di queste situazioni. Per alcuni è andata bene la soluzione congiunta Comune-Asl, che permetteva una riabilitazione di alcune capacità perdute dagli utenti; per altri è andato bene il solo intervento del Comune. Mi ricordo di un caso, in particolare, molto simile a quello qui raccontato, di un signore di Soriano del Cimino a cui il Comune, ad un certo punto, concesse al signore un lavoro socialmente utile, che gli permise sia di avere una seppur piccola entrata fissa mensile e di arrivare stanco alla sera. In più, gli concesse un aiuto domiciliare per tenere la sua casa in modo da essere considerato "consono". Ma ci sono tanti esempi di Comuni che s'impegnano nei confronti dei loro paesani diversamente abili; da Montefiascone che accetta dei tirocinanti al lavoro nel proprio Comune, a Viterbo che propone loro diverse soluzioni, dall'impiego (seppur temporaneo) negli asili nidi all'affidamento di alcuni appartamenti. E poi ci sono comuni (con la "c" piccina) che accettano passivi di vedere i cittadini meno "svegli" piazzarsi su un muretto e stare lì a giornate intere, poi andare al Consiglio Comunale a parlare di situazioni di disagio a dire che sono tutti d'accordo sull'esistenza e l'importanza di queste situazioni di disagio e che forse sarebbe necessario aprire dei tavoli e bla e bla e bla... (vedi delibera 57 del 21/12/2010)
Giovanna Pizzinelli ha detto...
Leggendo quanto scrive Silvia, rispetto al fatto che i Comuni si attrezzano per trovare soluzioni anche a quei cittadini che per svariate ragioni si trovano in difficoltà, mi viene in mente un episodio che mi è capitato circa due anni fa. Un giorno mio figlio mi disse che ad un suo amico gli era stato detto di non tornare più nel campo dove abitualmente passava il tempo. Il suo amico in questo campo vicino al paese, trascorreva le giornate nel silenzio, costruendo strutture in legno e in pietra, esprimendo la sua creatività e non dava fastidio a nessuno, non sapevamo se il luogo fosse privato o di proprietà del comune, comunque c’era da trovare una soluzione. Proposi di andare a parlare con l’Assessore alle Politiche Giovanili, pensando che avrebbe potuto occuparsi del caso. Infatti ci parlammo, gli chiedemmo se il comune avesse la competenza su casi del genere, pensavamo che si potesse elaborare un progetto costruito assieme al ragazzo, in modo che potesse continuare a fare quello ciò che amava fare, in uno spazio pubblico o di proprietà del Comune, così che nessuno potesse mandarlo via; dandogli degli attrezzi, avrebbe potuto valorizzare uno spazio tenerlo pulito e perché no, facendolo visitare, visto che creativamente è molto capace. Gli dicemmo che sarebbe stato utile anche riconoscergli un piccolo compenso perché si sentisse autonomo e gratificato. L’Assessore rispose che avrebbe verificato se si potesse fare qualcosa e che si sarebbe consultato con l’altro Assessore alle Politiche Sociali, Pierluigi Camilli. Proposi a mio figlio di far parlare anche il suo amico con l’Assessore, in modo che lui stesso potesse spiegare cosa rappresentava quel pezzo di terra per lui, e così fecero. Alcuni giorni più tardi ritrovai l’Assessore Celata e gli chiesi che cosa si poteva fare, la risposta fu che si era consultato con l’Assessore Camilli e che entrambi avevano escluso di poter intervenire per motivi di sicurezza del ragazzo, che facendo certi lavori poteva farsi male e che la responsabilità in quel caso sarebbe stata del Comune, almeno questo è quello che ho capito, e della cosa non si è fatto più niente, con delusione di mio figlio e soprattutto del suo amico. Francamente non ho mai pensato che non si potessero trovare soluzioni, ma che non c’era la volontà di perderci troppo tempo; questo è ciò che ho pensato, mi farebbe piacere se qualcuno mi spiegasse se davvero come stanno le cose, magari io la facevo troppo semplice.
Reghin Giovanna ha detto...
mi chiedo, ma se il Comune avesse stipulato una semplice assicurazione, con un costo davvero ridicolo, non avrebbe potuto ottenere un significativo risultato nei confronti di un ragazzo, riabilitandolo, ridandogli un pochino di autostima e di fiducia nel domani ? E non si sarebbe ottenuto anche un risparmio del denaro pubblico, considerato che poi queste persone nel futuro avranno bisogno di assistenza sociale e medica ?
Anonimo ha detto...
A quanto pare per il comune anche solo pensare ad una assicurazione sarebbe davvero fare troppo.... ma cosa rispondono in proposito? possibile che nessuno dell'amministrazione comunale si sente in dovere di rispondere pubblicamente?
OGM ha detto...
Aspettiamo ancora fiduciosi, soprattutto perché i nostri Amministratori sono stati chiamati in causa e direttamente: l'intervento di Giovanna è preciso, fa i nomi e chiede risposte. Noi concediamo a tutti lo spazio per chiarire e replicare. Avere risposte è uno dei diritti dei cittadini, dare risposte è uno dei doveri di chi amministra.
Silvia Chiatti ha detto...
Mi stupisce sempre la differenza tra il nostro comune (con la C piccola) e i Comuni vicini a noi, tipo Acquapendente, Civita Castellana, Montefiascone e altri. E mi stupisce ancora di più la poca attenzione dei nostri assessori a questa tematica,visto il loro ruolo e la sensibilità almeno dell'assessore Celata che io conosco personalmente, visto che 4 anni fa mi ha aiutata a metter su un Convegno dal titolo "Qualità della vita nel Disabile". Non solo sarebbe bastata una piccola assicurazione personale per togliersi "l'impiccio" della sicurezza del ragazzo, ma si poteva fare molto di più e molto di meglio: ricordo che nei paesi che ho appena elencato, grazie alla collaborazione tra Comune e Asl competente, sono stati aperti Centri Diurni (ad Acquapendente), centri socio-educativi (a Montefiascone, Civita Castellana e Viterbo), vivai integrati (a Vetralla), fattorie didattiche (a Vitorchiano) e case famiglia (a Proceno); questi progetti hanno permesso ai ragazzi con disagio sociale e/o psichico di trovare una loro dimensione, e a ragazzi cosiddetti "normali" di trovare un lavoro qualificato. Ma da noi no, niente di tutto ciò. Si parla di tavoli tematici, di possibile collaborazione con la parrocchia e basta. Si parla. Punto. Ma cosa si fa???????
Silvia Chiatti ha detto...
Mi chiedo tante e tante volte come possano gli assessori del nostro comune non vedere o non voler vedere cara Giovanna. Certo che sarebbe bastata una piccola assicurazione per torgliersi l'impaccio della responsabilità, cara Reghin. Ma si poteva e si può fare molto di più e molto di meglio di questo. Innanzitutto prendere sul serio in carico queste persone, ascoltare i loro problemi e cercare di trovare una adeguata soluzione anche in collaborazione con la Asl di riferimento. Cosa si può fare? Centri diurni (il Comune di Acquapendente ne ha messo su uno molto attivo), fattorie didattiche (il Comune di Vitorchiano ce ne ha uno bellissimo), vivai integrati (vedi Comune di Vetralla), centri socio-educativi (al Comune di Civita-Castellana ce n'è uno eccellente), case-famiglia (vedi Proceno). Sono soluzioni utili a chi ne ha bisogno e a chi cerca un certo tipo di lavoro! Chiamo in causa soprattutto la sensibilità dell'assessore Celata, che conosco personalmente e che 4 anni fa mi aiutò a organizzare un convegno intitolato "La qualità della vita nel Disabile intellettivo": Emì, dagli uno scossone ai tuoi colleghi!!!
Reghin Giovanna ha detto...
Cara Silvia, è ovvio che la mia era solamente una provocazione, poichè è chiaro che gli Amministratori locali non sanno da che parte cominciare perchè dai loro comportamenti si comprende che non conoscono i problemi legati ai disagi, ma peccano anche di presunzione nl non avvalersi di persone competenti e quindi è per questo che ho parlato di assicurazione, perchè se c'è ignoranza ci sia almeno il buonsenso e la voglia di fare qualcosa, ma come abbiamo visto.....MANCO QUESTO
Anonimo ha detto...
Ma ancora non l'avete capito che a questi non interessa niente di niente che riguardi Pitigliano e i suoi abitanti?!!?!? Se non si preoccupano di cose "grandi" quali progetti, idee, far ripartire l'economia, le attività, l'ediliza, se non si preoccupano di sviluppare Pitigliano con le sue risorse, come possono preoccuparsi dei disagi sociali che neanche sanno/immaginano che ci sono???
Matteo ha detto...
Ma come fanno a non saperlo?!?!?! A parte il fatto che c'è un assessore alle Politiche Sociali che lo dovrebbe sapere per DOVERE, non per sensibilità... Cioè, ma ste cose succedono praticamente alle porte del Comune!! Come cazzo si fa a non rendersene conto?? E quanto ci starebbe bene 'na bella bestemmia ora!
Anonimo ha detto...
Fanno finta di non saperlo!!! Qualcuno mi sa dire cosa è stato fatto di concreto da questi assessori tirati in ballo??? Non in questo contesto, ma in tutti!! Qualcuno mi faccia qualche esempio......
Anonimo ha detto...
E' passato un giorno...e non è arrivato nessun esempio!!! Ecco la "non risposta" che volevo!!!!!!
OGM ha detto...
Ok, ragazzi, questa è la lettera che abbiamo spedito stamane alle persone direttamente competenti. Vediamo che succede??? All’assessore alle Politiche Giovanili sig. Emilio Celata All’assessore alle Politiche Sociali sig. Pierluigi Camilli Pitigliano, 20 maggio 2011 Oggetto: richiesta di informazioni sullo stato di disagio sociale e giovanile. Egregi assessori, innanzitutto ci presentiamo. Con OGM-Gruppo Movimentato Pitigliano si intende un gruppo di cittadini del territorio che, da qualche mese, si interroga sulle questioni di gestione pubblica che ci riguardano da vicino. Abbiamo un blog (“Parole Libere Pitigliano”)dove pubblichiamo articoli scritti direttamente da noi o da personaggi esperti di alcuni argomenti trattati e una pagina face book su cui ci seguono molte persone. Naturalmente vi invitiamo a leggerci e a risponderci qualora lo riteneste opportuno. Ultimamente ci stiamo interrogando su alcune situazioni di disagio sociale e giovanile che abbiamo tutti sotto agli occhi; vi è, tra l’altro, un luogo molto vicino al Comune di cui siete esponenti, un punto di ritrovo di persone che soffrono di tali disagi. Alcuni di loro sono inseriti in alcuni progetti socio-riabilitativi che vedono coinvolti il Comune e la Asl di riferimento, ma altri sono completamente lasciati a se stessi, tant’è che passano TUTTO il giorno in suddetto luogo. Siamo a conoscenza del fatto che, per almeno un caso tra questi soggetti, è stato chiesto il vostro intervento da parte di una delle nostre lettrici, ma voi avete risposto che non ritenevate di potervi prendere la responsabilità per la sicurezza di questa persona. Ricordando il Consiglio Comunale del 21/12/2010, in cui l’assessore Pierluigi Camilli evidenziava che le situazioni di disagio stavano aumentando e auspicava che il Comune ponesse in essere opportuni interventi, in cui il consigliere Caprini aveva chiesto di aprire un tavolo congiunto con la parrocchia, e nel quale, alla fine, anche il Sindaco Seccarecci proponeva di mettere in piedi un tavolo per la trattazione di queste tematiche, vi chiediamo:  A che punto sono questi “tavoli tematici” e a cosa dovrebbero servire, di preciso, qualora fossero in funzione? Servirebbero solo a parlare ancora e ancora di queste situazioni o a trovare reali soluzioni?  Quali sono gli “opportuni interventi” che il Comune ha posto in essere per affrontare queste problematiche tanto urgenti da richiedere una seduta straordinaria?  Infine ricordiamo che: 1- per affrontare certe situazioni basterebbe davvero poco, come concedere l’utilizzo di spazi comunali abbandonati a se stessi (e ce ne sono diversi in tutto il territorio comunale, dalla Scuola di Pantalla, agli ex bagni pubblici sotto Piazza Petruccioli) a persone che soffrono di un disagio sociale ma che comunque hanno diritto ad uno spazio dove poter portare avanti progetti e coltivare i propri talenti; 2- che una fattiva collaborazione con la Asl di riferimento potrebbe portare anche all’apertura di Centri Diurni, di Fattorie didattiche, di Vivai integrati dove le persone che soffrono di questi disagi potrebbero comunque essere impiegati. In più, si creerebbero posti di lavoro nuovi per operatori ed educatori sociali. Stupiti dal silenzio che ancora perpetrate nei confronti di tali problematiche, vi invitiamo a rispondere almeno a questa missiva. La vostra risposta o il vostro silenzio verrà pubblicato tramite i nostri mezzi. Distinti saluti, OGM-Gruppo Movimentato
Anonimo ha detto...
cacchio, bravissimi, avete davvero le palle. Chissà se risponderanno ?
Anonimo ha detto...
Se non rispondono significa che non sanno che cazzo dì
Silvia ha detto...
Qui ancora niente, nevvero??
mara ha detto...
Non sarà mai che si sbagliano e rispondono...??
OGM ha detto...
...o forse pensano che vendiamo MAIS ;-)

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